COVID-19 ED EMERGENZA CLIMATICA, LA DEMOCRAZIA PUÒ SALVARCI?
(società – 4 giugno 2020) Pandemia e prossime crisi: cosa abbiamo imparato dall’emergenza Covid-19, per affrontare con serietà e decisione la sfida epocale, non più rinviabile, dei cambiamenti climatici? Se ne discuterà ai Colloqui di Dobbiaco 2020, laboratorio di idee per una svolta ecologica in programma nel centro altoatesino dal 25 al 27 settembre. C’è da essere ottimisti o pessimisti? Ne usciremo attraverso la partecipazione di tutti o è indispensabile trovare delle guide capaci che traghettino l’umanità fuori dalla crisi climatica, per dar vita a un nuovo Illuminismo? “Quando le possibili grandi catastrofi climatiche apriranno gli occhi a molta gente sul carattere della crisi, sarà troppo tardi”, sostiene Graeme Maxton, economista britannico e già presidente del Club di Roma che da tempo mette in dubbio che le democrazie occidentali saranno in grado di rispondere all’emergenza climatica. “Servono regole d’emergenza per salvare tutti noi – prosegue Maxton – ma è molto difficile farlo nel sistema esistente. Guardiamo la situazione attuale con il Coronavirus: i governi hanno sospeso le procedure normali per prendere misure di emergenza. Questo mi sembra un esempio molto positivo e dimostra che si possono mettere freni al sistema economico se è necessario farlo”. C’è bisogno di nuove idee, sostiene l’economista britannico, “di un nuovo modo di pensare e forse in alcuni casi di metodi meno diplomatici. Si tratta di un’emergenza, non di un transito dolce e facile. Stiamo parlando quasi di una situazione di guerra e abbiamo bisogno di leadership, di persone forti che comprendono che cosa è il meglio per l’umanità. Fermiamo prima di tutto i danni in corso e poi pensiamo al futuro, lavorando per un nuovo Illuminismo”. Per Matthias Horx, fondatore dello Zukunftsinstitut (letteralmente Centro studi sul Futuro), istituto che sviluppa visioni per aziende, analizza i megatrend e crea di sistemi di monitoraggio e allerta rapidi, la questione è invece un’altra. “Non si tratta di essere ottimisti o pessimisti, ma serve fiducia. La fiducia è un atteggiamento che ci avvicina all’azione e al cambiamento. Dobbiamo chiederci: cosa posso fare, quali sono le mie capacità? Cosa sta cambiando e come posso dare il mio contributo? Il futuro inizia in noi – sostiene il futurologo tedesco – come l’amore, è una decisione. L’ideologia della scarsità e della rinuncia crea stress e aggressività, e porta inevitabilmente a guerre di distribuzione. Ma un’altra ecologia potrebbe plasmare il futuro, un’ecologia della pienezza, persino dell’abbondanza, e i cambiamenti tecnologici e sistemici la rendono possibile e probabile. Dall’ecologia della colpa e della rinuncia bisogna passare all’ecologia dei sistemi ad alta tecnologia, quella che io chiamo l’ecologia blu”.